Brano: [...]storico, non sembri incongruo l'affermare che egli non esclude la possibilità di una ricerca sociologica, a confini limitati, di carattere empirico.
Due orientamenti, soltanto in apparenza contraddittori, dominano il pensiero gr:msciano nei confronti di questo problema: il primo è il netto rifiuto della sociologia positivistica; il secondo è l'ammissione della possibilità di una sociologia scientifica, ricomprendendo in questo nome piuttosto le scienze sociali che non uno schematismo classificatorio generico e una ricerca di astratte strutture e costanze.
La contraddizione, di fatto, non esiste, poiché proprio il positivismo, e specie alcuni suoi rappresentanti, non avevano, per Gramsci, capito il diritto della scienza non già all'astrattezza arbitraria e sterile, ma alla feconda astrazione euristica.
La critica all'astrattezza fu da Gramsci fatta soprattutto per l'economia, ma ha senso per tutte le scienze, e ancora piú per quelle che meglio aderiscono al processo di sviluppo delle condotte umane nei loro impegni collettivi.
Certo le scienze so[...]
[...]poiché proprio il positivismo, e specie alcuni suoi rappresentanti, non avevano, per Gramsci, capito il diritto della scienza non già all'astrattezza arbitraria e sterile, ma alla feconda astrazione euristica.
La critica all'astrattezza fu da Gramsci fatta soprattutto per l'economia, ma ha senso per tutte le scienze, e ancora piú per quelle che meglio aderiscono al processo di sviluppo delle condotte umane nei loro impegni collettivi.
Certo le scienze sociali constatano soltanto, o promuovono le tecni che di un possibile controllo, o dimostrano il prevalere di alcuni valori e la loro inerenza ad aspettazioni particolari: esse non possono, presentandosi come scienze, dare come assoluto, e neppure assolutizzabile nel significato storicistico, alcun valore. Ma possono contribuire a chiarirne le
l r.
200 1 documenti del convegno
condizioni di scelta e di accettazione e il significato pratico che ne deriva. Pertanto possono anche servire di strumenti culturali per una definita azione politica. Di qui anzi la loro pericolosità.
Ma la preoccupazione [...]
[...]tica intorno al reale significato di ció che s'intende chiamare scienza. E poteva parergli che la scienza matematizzabile, o la scienza sperimentale, non potessero avere, nella storia della cultura e della civiltà, alo stesso peso della scienza come riflessione teoretica su una realtà culturale già costituita ad opera di impulsi relativamente spontanei, il senso comune.
Un'analisi del concetto di spontaneità nel pensiero gramsciano, oggi che le scienze sociali riesaminano questo schema interpretativo dell'agire umano e ne fanno anzi mezzo di azione riflessa, educativa o terapeutica, mostrerebbe quanto egli, di là dalle apparenti contraddizioni, sia vicino alle piú recenti conclusioni al riguardo.
Che la spontaneità non esista allo stato puro è oggi luogo comune. Che gli istinti siano già il frutto di una elaborazione culturale di originarie elementari esigenze di vita, è pure quasi universalmente ammesso. Che lo sperimentare sia già in nuce nei tentativi piú elementari di adattamento, che lo sviluppo della mente e l'energia dell'azione siano, non [...]
[...]oro collettivo nella prospettiva marxista, troveranno attivatori e sfruttatori non disinteressati, che se ne impadroniranno per loro fini individualistici. Ciò che egli dice della cultura dei meridionali e dei contadini, è insieme. una riprova di questa prospettiva dinamica e fiduciosa, e del timore di interventi distruttivi.
Riteniamo che sia stata la prospettiva causale ad avvicinarlo, e il suo mal uso ad allontanarlo, dalla prospettiva delle scienze sociali, o meglio dall'orientamento sociologico nelle scienze della natura. Oggi il concetto di causalità è cosí profondamente cambiato nelle stesse scienze esatte, che alcune delle difficoltà gramsciane non avrebbero piú ragione di essere. Si cercano infatti, non piú cause meccaniche ritenute equivalere ai loro effetti e universalmente necessitanti fuori del tessuto storico in cui operano; ma le condizioni, o i fattori, sperimentalmente verificabili e situazionalmente variabili di processi storici, tali anche per le forme e .i contenuti delle scienze.
L'antinomia, ancora operante nel pensiero grams[...]
[...]ulturale, costituita dalla scelta di un indirizzo, potrebbe proporsi limiti della ricerca stessa. Ma « chi fisserà i " diritti della scienza " e i limiti della ricerca scientifica; e potranno questi diritti e questi limiti essere propriamente fissati? ».
Queste incalzanti domande mostrano che Gramsci non ignorava l'urgere di un problema come quello del significato della scienza nella cultura contemporanea, e in particolare del significato delle scienze sociali. Sembra talora che Gramsci si ponga, nei confronti di esse, in quella
1 M. S., pp. 45.
Angiola Massucco Costa 207
situazione metodologica che consiglia per la discussione scientifica in genere. «Non bisogna concepire la discussione scientifica come un processo giudiziario... Nella discussione scientifica, poiché si suppone che l'interesse sia la ricerca della verità e il progresso della scienza, si dimostra piú " avanzato " chi si pone dal punto di vista che l'avversario può esprimere un'esigenza che deve essere incorporata, sia pure come un momento subordinato, nella propria costruzione. [...]
[...]a per di piú individuato nel lavoro umano il rapporto essenziale attraverso cui un'analisi, insieme scientifica e politica, della società, era possibile. E non per nulla polemizza con l'interpretazione dei Veblen e dei De Man che, essi pure, nel lavoro umano, ma da ben altra prospettiva, cercavano la chiave interpretativa delle principali caratteristiche della società contemporanea.
Non dunque forzeremo la mano a Gramsci per farne un fautore di scienze sociali, ma sono da riconoscere in lui le premesse gnoseologiche ed epistemologiche per un possibile atteggiamento di critica accettazione delle medesime.